Cristo alla colonna

24 Marzo 2017

L’opera venne trafugata nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 1993 dall’Oratorio dell’ex Monastero del Beato Pellegrino in Padova, storica sede di attività dell’Istituto di Riposo per Anziani (oggi AltaVita IRA). Dopo anni di ricerche, la tela è stata recuperata nel 2014 dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia e verrà ora affidata alla custodia di AltaVita IRA, che ne detiene la proprietà.
Fino al prossimo 9 aprile rimarrà in mostra presso le sale dei Musei civici agli Eremitani che già espongono, in deposito temporaneo da parte di AltaVita IRA, un ritratto del Beato Pellegrino, affresco staccato attribuito a Giusto de’ Menabuoi.
Alla cerimonia di presentazione interverranno il Commissario straordinario del Comune di Padova Paolo De Biagi, il Presidente di AltaVita IRA Fabio Incastrini, il Comandante Nucleo Carabinieri
Tutela Patrimonio Culturale di Venezia Christian Costantini, il Direttore Musei Civici e Biblioteche Davide Banzato.
L’opera rappresenta Cristo legato alla colonna, sofferente e accasciato a terra secondo una rara iconografia. La scena è legata all’episodio della flagellazione, poco prima della salita al Calvario
dove ebbe luogo la crocifissione.
La pittura dai toni scuri fa propendere per una datazione nella prima metà del Seicento; non vi sono elementi per confermare l’ipotesi delle precedenti attribuzioni, seppure dubitative, a Lelio Orsi e a Palma il Giovane, per cui è preferibile una generica assegnazione a pittore veneto.
La ricerca si potrebbe orientare verso il momento di passaggio dagli interpreti delle “Sette Maniere” ai “Tenebrosi”. Il termine “Sette Maniere” venne coniato dallo storico Marco Boschini, nel 1674, per definire la fase di transizione della pittura veneziana tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento, caratterizzata da una comune ispirazione ai grandi protagonisti Tiziano, Tintoretto e Veronese; capofila dei sette pittori fu Jacopo Palma il Giovane. Mentre l’arte dei “Tenebrosi” prese l’avvio a Venezia con la presenza di Luca Giordano nella metà del Seicento e fu contraddistinta da intensa drammaticità e forti contrasti chiaroscurali.