
Il recupero dell’antico: gli affreschi di Andrea Mantegna
8 Agosto 2013Nasce dalle suggestioni delle stele figurate patavine, un monumento funerario unico e per molti aspetti misterioso, lo spettacolo Davanti alla Porta di Teatro Continuo, proposto dai Notturni d’Arte venerdì 9 agosto alle 21 nel chiostro Albini dei Musei Civici. Arricchiscono la serata la conversazione introduttiva di Francesca Veronese (Musei Civici di Padova, Museo Archeologico) “Pietra, parole, immagini: divagazioni sulle stele patavine” e la visita agli affreschi di Andrea Mantegna nella Chiesa degli Eremitani, per una riflessione sul recupero dell’antico effettuato dal grande pittore padovano.Giunti alla XXVII edizione, i Notturni d’Arte, organizzati dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e realizzati con il contributo della Cassa di Risparmio del Veneto, sono dedicati proprio alla scoperta dell’antica Padova. Segnacoli tipici della Padova preromana, non attestati finora in altre città del Veneto protostorico, le stele restituiscono informazioni sulla società dei Veneti antichi: nella ventina di esemplari ritrovati, la maggior parte dei quali conservati nelle sale del Museo Archeologico della nostra città e oggi esposti nella mostra “Venetkens Viaggio nella terra dei Veneti antichi”, allestita a Palazzo della Ragione, le iscrizioni e le immagini rimandano all’animale totemico della protostoria europea, il cavallo; il ricorrere della parola Ekupetars, oggi ricondotta dai linguisti con un buon grado di certezza alla radice della parola Ekvo, cavallo, e della figura dell’animale nello specchio decorato, dove la scena più effigiata è quella del “viaggio agli Inferi” in cui alcuni personaggi si avviano, su un carro trainato da cavalli, verso l’Aldilà, induce gli archeologi a ritenere che segnalassero il monumento funerario di individui appartenenti alla classe dei cavalieri. Un racconto affascinante, che si dipana per immagini coinvolgendo uomini e donne della Padova antica, cui lo spettacolo di Teatro Continuo ridona vita. Una porta che divide due spazi, uno conosciuto e uno sconosciuto: è da questa situazione che prende avvio la storia di quattro donne che, fuoriuscite dalla pietra dove sono state scolpite, riprendono a vivere. Al loro risveglio si ritrovano davanti alla porta, una porta bianca, attorno alla quale si svolgerà l’azione scenica. Animate dal desiderio di comprendere le ragioni per cui sono state create, le quattro donne iniziano a raccontare le proprie vicende. Il tema dominante del viaggio nell’aldilà, sintetizzato nella porta, nella vicenda dello spettacolo è diventato una ricerca sul mondo che sta al di qua, quello Davanti alla Porta, per arrivare a riscoprire una straordinaria attitudine dell’uomo: la capacità di immaginare e di raccontare quello che non vede.Le immagini e le suggestioni sono state tradotte in scenografie: la stele è così diventata una porta, elemento scenico principale, così come le numerose immagini di carro presenti nelle stele hanno trovato forme precise in scena. I personaggi sono stati ricavati dalle sculture e dalle iscrizioni presenti nelle stele considerate, per la scrittura originale di Federico Moro e di Francesco Puccio, rielaborata dagli attori di Teatrocontinuo, e la drammaturgia e regia di Gianni Bozza. I canti in scena, ispirati a sonorità greche e orientali e popolari, sono di e con Barbara Zoletto e Anca Cazapciu accompagnate coralmente dagli altri attori di Teatrocontinuo, mentre le musiche elettroniche, nate da campionamenti di materiali (acqua, legno, fuoco, sassi) sono state trattate e ed elaborate dal musicista Giulio Escalona. Di sicuro fascino anche la visita alla Chiesa degli Eremitani, il cui gioiello è la Cappella Ovetari affrescata da Andrea Montegna, uno dei più ammirati cicli pittorici di tutti i tempi fino all’11 marzo 1944, quando un bombardamento la polverizzò; oggi il capolavoro è di nuovo leggibile grazie alla poderosa opera di ricostruzione tecnico-scientifica degli 80.000 minuscoli frammenti di affresco che furono raccolti tra le macerie nei giorni successivi al bombardamento. Qui il diciassettenne artista padovano, allievo dello Squarcione, mostra di aver assimilato anche le nuove tendenze pittoriche della scuola veneziana di Bellini e riassume tutto il suo concetto di recupero dell’antico e di conquista della prospettiva. Mantegna nella sua opera, abbassa interamente il punto centrale all’altezza dello spettatore, scorciandolo, creando così una profondità inusuale per l’epoca, anticipando così quella che sarà la conquista tridimensionale dello spazio pittorico. Le storie, sapientemente affrescate, sono Il martirio e la sepoltura di San Cristoforo sulla parete destra e in quella di sinistra Il martirio di San Giacomo, messe in campo per la prima volta con un linguaggio in cui lo studio della prospettiva, dello spazio reale e quello dipinto si accompagnano ad un lessico tratto dall’antichità classica. Le vedute paesistiche sono dominate da rovine archeologiche romane, fregi classici trattati con precisione ottica: le figure giganteggiano come statue antiche comunicando un’aura di severa monumentalità.