
Giacomo Poretti: “Fare un’anima”
23 Gennaio 2019Un altro grande dello spettacolo italiano arriva al “Piccolo Teatro” in via Asolo (zona Paltana). L’evento del 2019, per festeggiare il santo patrono e i 18 anni di “nuova vita” della sala, vedrà protagonista Giacomo Poretti in “Fare un’anima”, spettacolo scritto dal medesimo Poretti per la regia di Andrea Chiodi.
Questo monologo, scritto e interpretato dallo stesso Giacomo Poretti (che temporaneamente e consensualmente si è staccato dai “compari” Aldo e Govanni, ciascuno impegnato in differenti progetti autonomi) raccoglie divagazioni e provocazioni su un organo che i moderni manuali di anatomia non contemplano, ma di cui da millenni gli uomini di ogni latitudine hanno parlato: quando si sviluppa l ’anima in un essere vivente? Esiste realmente o è solo una chimera, un desiderio? Oppure è così infinitesimale che non la si vede nemmeno con il più grande scompositore di particelle? E alla fine, anche se la scovassimo, l’anima a che serve? Cosa ce ne facciamo? O meglio, cosa vorrebbe farne lei di noi? “Il progetto di questo monologo – spiega Giacomo – mi frulla in testa da quando è nato mio figlio Emanuele. In quell’occasione venne a trovarci in ospedale un anziano sacerdote che mia moglie ed io conoscevamo bene. Si complimentò con noi e ci disse: bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima. Questa frase mi è rimasta dentro per molto tempo, si è sedimenta ta finchè non mi sono deciso ad affrontare la questione, un compito certo non facile. Per affrontarla ho usato il linguaggio dell’ umorismo e dell’ironia e mi sono posto un sacco di domande. Come nasce l’anima? Spunta coi dentini da latte? O dopo? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere? E, nel caso, sarebbe meglio una dieta iperproteica o senza glutine, oppure povera di sodio? Ma l’anima esiste davvero o è una nostra invenzione? E ancora: è una parola da mandare in pensione o i tempi complicati che stiamo attraversando la rendono più che mai ineludibile? Fermo restando che ognuno può declinarla dandole il significato che meglio crede: impegno, senso morale, militanza civile o altro. Anima è una parola che rischia l’estinzione, a fianco dei vocaboli moderni, più chiassosi e sguaiati. E’ una parola strana, misteriosa e sconosciuta, ma dal suono gentile e impalpabile, leggera come un soffio, costretta alla solitudine, un po’ come i bambini che non sanno giocare a calcio e per questo sono destinati a restare seduti sul bordo del campo a vedere gli altri rincorrersi e divertirsi”.
“E poi – prosegue Giacomo – a pensarci bene a cosa serve un’anima? Nessuno ti chiede di esibirla: quando ti fermano i carabinieri si accontentano di patente e li bretto, se fai acquisti su internet bastano carta di credito e mail. L’anima sembra la cosa più antimoderna che possa esistere, più antica del treno a vapore, più vecchia del televisore a tubo catodi co, più demodè delle pattine da mettere in un salotto con la cera al pavimento; lontana come una foto in bianco e nero, bizzarra come un ventaglio, eccentrica come uno smoking e inutile come un papillon. A un certo punto rischia di farti tenerezza quella parola lì. Forse una parola per stare in vita deve essere frequentata, deve essere scritta, deve essere detta; le parole sono come le persone hanno bisogno di cure, di qualcuno che le vada a trovare, le parole devono stare in compagnia, se non si parlano le parole vengono dimenticate e scompaiono. Certe parole rischiano di finire la loro esistenza sui dizionari, che talvolta sembrano i cimiteri delle parole”.
Continua la presentazione dello spettacolo: “Lo spettacolo prende l’avvio da un inciampo, da una scivolata, da una parola inattesa che si mette in casa propria come uno straniero inaspettato e indesiderato. Le parole sanno essere più minacciose degli uomini e con la sua caparb ietà quella parola, anima, costringe ad occuparsi di tutte le parole della modernità. Anima è una parolina esangue, malvestita e malnutrita, eppure è gelosa e innamorata: innamorata di noi e della vita, e come ogni amante ci vuole solo per sè”.